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Lembo PAP: tecnica all’avanguardia nella ricostruzione mammaria

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Il lembo PAP (profunda Artery Perforator flap) è una tecnica chirurgica avanzata utilizzata principalmente per la  ricostruzione mammaria. Negli ultimi anni, la chirurgia ricostruttiva ha compiuto passi significativi non solo sul piano funzionale, ma anche su quello estetico e sul piano emotivo del paziente.

Dopo interventi come la mastectomia, oltre alla forma del corpo, è fondamentale restituire fiducia, benessere e la possibilità di riconoscersi. «Oggigiorno, la problematica sta nel cercare di offrire alle nostre pazienti una ricostruzione che permetta loro di stare a proprio agio di fronte allo specchio», afferma Andrea Figus, professore ordinario di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica all’Università di Cagliari che attualmente lavora nella parte assistenziale all’Ospedale Niguarda di Milano e alla Clinica Columbus dove esegue la sua attività libero professionale intra moenia.

In questa direzione si inserisce l’utilizzo del lembo PAP, che consente di raggiungere risultati naturali minimizzando l’impatto estetico delle cicatrici. «Il lembo PAP indica un blocco di tessuto, grasso e pelle. Può essere preso dalla regione sotto glutea. Il nome deriva, infatti, dalla sua vascolarizzazione, cioè dal fatto che delle arterie che si staccano dall’arteria femorale profonda vanno a vascolarizzare questa zona di tessuto».

Da un punto di vista del decorso post-operatorio, i protocolli seguiti sono simili a quelli previsti per altri lembi microchirurgici. Generalmente i tempi sono rapidi, a seconda della velocità di recupero individuale. Durante questo periodo, «le pazienti devono utilizzare dei drenaggi che vengono rimossi non appena viene raccolta una piccola quantità di fluido. Successivamente, è previsto l’utilizzo di guaine per circa 30/40 giorni. Dopodiché, le pazienti possono riprendere la loro vita normale».

Lembo PAP vs Lembo DIEP

Andrea Figus, professore ordinario di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica all’Università di Cagliari, attualmente nella parte assistenziale all’Ospedale Niguarda di Milano e libero professionista intra moenia presso la Clinica Columbus

Il lembo PAP è una tecnica relativamente recente. Descritta per la prima volta nel 2012 come opzione per la ricostruzione del seno a seguito di una mastectomia. In poco più di un decennio, questa tecnica si è affermata come una valida alternativa come quella che utilizza il lembo DIEP (Deep Inferior Epigastric Perforator), presente, invece, dal 1992.

I vantaggi del PAP sono riferiti soprattutto al sito donatore. Quest’ultimo può essere completamente nascosto nel solco sotto gluteo. «La paziente che fa la doccia e si mette allo specchio non può vedere da dove è stato prelevato questo tessuto. L’unico momento in cui è possibile vederlo è, per esempio, quando ci si piega per appoggiare l’asciugamano sulla spiaggia».

Il lembo PAP, inoltre, è un grasso molto mobile che si presta a modellare la forma del nuovo seno. Proprio per questa caratteristica, viene spesso scelto nelle ricostruzioni immediate, cioè quelle che avvengono contestualmente alla rimozione della ghiandola mammaria.

«Quando si toglie la ghiandola, si mantiene la cute al di sopra di essa come un “reggiseno naturale”. Al suo interno si inserisce questo blocco di tessuto -. prosegue Figus – Un’altra cosa particolare è il fatto che si può mantenere una quantità di tessuto che va dai 190 fino ai 450 grammi. Naturalmente a seconda delle quantità di tessuto presente in quell’area e che dipende da paziente a paziente. Significa, quindi, che possiamo ricostruire dei seni di taglia piccola o media e delle volte anche grande».

Benefici funzionali

Da un punto di vista dei risultati funzionali, il lembo PAP non prevede la trasposizione di alcun muscolo. L’unica area coinvolta nella dissezione è, infatti, quella dei muscoli adduttori della coscia. Questo consente di mantenere inalterata la funzionalità della regione donatrice. Ricorda Figus: «Tra i tanti interventi che ho fatto, ho anche avuto delle atlete che hanno continuato la loro attività atletica».

Nel caso del lembo DIEP, invece, vengono dissecati dei vasi situati nel muscolo retto addominale. Un muscolo, quindi, coinvolto frequentemente nei movimenti della vita quotidiana.

A chi è indicato

Il lembo PAP può essere utilizzato in tutte le pazienti che dispongano di una quantità di tessuto sufficiente per ricostruire un seno. Si tiene conto della taglia desiderata e del volume necessario.

«Da un punto di vista vascolare, dobbiamo sempre considerare che sono vasi che vengono dall’arto inferiore. Hanno già un loro apporto venoso molto importante. I problemi, quindi, di ingorgo venoso, che noi definiamo congestione venosa, sono molto più bassi come incidenza rispetto ad altri lembi. – entra nel merito il chirurgo Mantiene, inoltre, una vascolarizzazione molto costante. Possiamo, per cui, affrontare la dissezione di questo lembo con una velocità maggiore rispetto ad altri lembi ed un’altissima possibilità di successo, proprio perché la vascolarizzazione di questo lembo è molto robusta e fa sì che possiamo trapiantarlo».

Va sottolineato che si tratta di una procedura di microchirurgia. Il blocco di tessuto si preleva completo di arteria e ven. Sotto al microscopio, dev’essere riattaccato nella zona del torace. «È un intervento complesso che, però, in un’unità di alto volume, si esegue in circa 3 ore. Siamo uno dei Paesi europei con meno incidenza di ricostruzione con tessuto autologo. Questa, invece, è una situazione nella quale vediamo, mano a mano, giorno per giorno, una richiesta sempre maggiore da parte delle pazienti, proprio per evitare le protesi».

Basso tasso di complicanze

lembo PAP

Le complicanze che possono riguardare il lembo PAP sono quelle generiche legate al trapianto di un tessuto autologo. Spesso i problemi nascono più nel sito donatore. Qui possono verificarsi accumuli di liquido, ossia seroma, o piccoli ritardi nella guarigione della ferita, dovuti alla posizione anatomica dell’area, che viene sollecitata dai movimenti quotidiani come sedersi o flettersi. Spiega Figus: «Una volta trapiantato, le problematiche di vascolarizzazione che possono riguardare l’arteria sono al di sotto dello 0,5%. I problemi, invece, di ritorno venoso sono molto bassi nel lembo PAP, al di sotto del 5%».

Un aspetto particolare è il fatto che spesso le pazienti non hanno dolore o fastidio. La ripresa delle normali attività può avvenire già dopo circa tre settimane dall’intervento. Conclude il chirurgo: «Questo può, un po’ creare loro una serie di complicanze che però è ancora una percentuale molto bassa. La possiamo stimare tra il 10 e il 15%».

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