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Labiopalatoschisi: l’armonia del viso 

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«In Italia vengono stimati circa 600-700 nuovi casi di labiopalatoschisi ogni anno».

Gian Luca Gatti, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica, dirigente medico presso l’Unità Operativa di Chirurgia Plastica dell’Azienda Ospedaliera dell’Università di Pisa dirige il reparto dedicato alle malformazioni congenite esterne come la labiopalatoschisi. Nell’intervista spiega il percorso che i bambini percorrono per curare questa patologia.

Le diverse forme di schisi

Gian Luca Gatti, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica, dirigente medico presso l’Unità Operativa di Chirurgia Plastica dell’Azienda Ospedaliera dell’Università di Pisa dirige il reparto dedicato alle malformazioni congenite esterne come la labiopalatoschisi

«La labiopalatoschisi è una malformazione congenita che colpisce il labbro, l’osso mascellare – descrive il chirurgo – in particolare parliamo dell’alveolo, il naso e il palato». Questa patologia insorge tra la quarta e la nona settimana di gestazione: «In Toscana ci sono circa 20-25 casi ogni anno – precisa Gatti – noi ne trattiamo più di 100 che, nella maggior parte, provengono da fuori Regione». 

Le forme di schisi possono essere diverse e possono verificarsi in forma completa o incompleta, unilaterale o bilaterale. «Quando la schisi è isolata, e interessa solo il palato, si parla di labiopalatoschisi. Quando colpisce il labbro è una cheiloschisi, se comprende sia il labbro che l’alveolo è una cheilognatoschisi. Infine, quando la schisi interessa anche il palato e si presenta in forma completa si definisce cheilognatopalatoschisi». Esistono, poi, forme rare di palatoschisi sotto mucosa. Essa è in apparenza sana, ma i muscoli risultano separati come in una schisi vera e propria: «Questi casi sono particolarmente importanti da trattare perché giungono alla nostra attenzione tardi: quando i bambini iniziano a parlare male» continua il chirurgo.

Al giorno d’oggi la maggior parte delle diagnosi avvengono nel periodo prenatale: «Quando si scopre la presenza di una schisi, viene attivato il percorso idoneo per capire se ci possono essere alterazioni genetiche. Nella maggior parte dei casi si tratta di forma isolate» precisa Gatti.

L’incidenza geografica di questa patologia è varia e le cause non sono del tutto note. Alcuni sono fattori di rischio ambientali: consumo di alcool in gravidanza, fumo, carenza di acido folico e vitamine prenatali, diabete materno, e epilessia e uso di farmaci anti-convulsivanti, oppure l’età avanzata della madre.

Gli interventi primari e secondari

«La correzione chirurgica è il momento più importante per trattare questo tipo di patologia» puntualizza il dottore. «Il futuro dei bambini dipende da come vengono effettuati gli interventi» ribadisce Gatti. 

Le operazioni che si possono effettuare si dividono in primarie e secondarie. Negli interventi primari rientra la cheiloplastica con rinoplastica, effettuata tra i 2 e i 3 mesi di vita, e la palatoplastica, quando è presente la palatoschisi effettuata all’età di 6 mesi. «In una forma in cui la schisi interessa solo il labbro e la gengiva, l’intervento sarà uno solo e verrà effettuato a 3 mesi» continua Gatti. Se, invece, interessa anche il palato, si faranno 2 interventi: uno a 3 e l’altro a 6 mesi. Nel caso in cui ci fosse una schisi isolata nel palato si potrebbe effettuare un unico intervento a 6 mesi. 

Bisogna anche considerare che la schisi monolaterale fa si che i muscoli del viso del bambino tirino in modo anomalo, provocando una asimmetria molto evidente a carico dei segmenti ossei e dei tessuti molli sia del labbro che del naso. «Nelle forme bilaterali la correzione è molto difficile – racconta il chirurgo – per un’alterazione anatomica tra i segmenti laterali e la parte centrale».

«A Pisa, nel reparto che dirigo eseguiamo, contestualmente alla cheiloplastica e alla rinoplastica, un intervento detto periostioplastica a cui siamo molto affezionati perché ideato dal nostro ex direttore Alessandro Massei» continua Gatti. Questa operazione è una gengivoalveoloplastica estesa a tutto l’osso mascellare che permette la formazione dell’osso nella sede della schisi spontaneamente.

Inoltre, occorre ricordare quanto sia fondamentale rivolgersi a centri in cui è presente un’equipe multidisciplinare specializzata che si occupi dei bambini. «Esiste l’Eurocleft; un networking europeo per la ricerca, la prevenzione e il trattamento delle schisi orofacciali, che ha diffuso le raccomandazioni per i centri che si occupano di questa patologia» conclude il chirurgo.

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