Pillole di Revée
Tumore e influencer: testimonianze pubbliche che riscrivono il linguaggio della prevenzione

In un panorama digitale dominato dalla rappresentazione estetica e dalla performance, la scelta di raccontare pubblicamente una diagnosi oncologica rappresenta una rottura narrativa, ma anche una presa di responsabilità verso la propria community. Il binomio tumore e influencer non è più un tabù, ma un fenomeno in espansione che sta ridefinendo il modo in cui la prevenzione, il dolore e la speranza vengono comunicati. Alcune testimonianze recenti, rilasciate in interviste o attraverso i social, lo dimostrano con chiarezza.
Tumore e inclusione

«Sapere che avrei dovuto convivere con il linfedema è stato peggio della diagnosi di cancro», racconta Anna Maisetti, fondatrice del profilo Instagram @stile_compresso, in un’intervista rilasciata a Io Donna nel 2024. Dopo la diagnosi di melanocitoma metastatico a soli 22 anni e la rimozione di 36 linfonodi, Anna ha sviluppato un linfedema cronico alla gamba. Una condizione vissuta per anni con imbarazzo, finché ha deciso di trasformare quel limite in messaggio. «Per tanto tempo mi sono nascosta, poi ho capito che mostrare la mia gamba, con il tutore, poteva essere utile ad altri», ha spiegato alla redazione di Vanity Fair.
La sua storia è stata approfondita anche da Revee News, dove ha dichiarato: «Quando mi hanno tolto i linfonodi non mi hanno parlato del linfedema. Ho scoperto cos’era solo quando le gambe hanno iniziato a gonfiarsi. E lì è iniziato tutto». La sua testimonianza ha dato vita a una community internazionale che oggi promuove inclusione, visibilità e auto-cura anche nelle patologie rare.

Federico Betti, conosciuto sul web come MikeShowSha, ha portato all’attenzione del pubblico un tumore tra i più rari: quello al cuore. In un video pubblicato su YouTube nel 2022 dal titolo “Tumore al cuore: la mia esperienza”, il creator ha raccontato l’intervento subito per rimuovere una massa cardiaca di circa 12 centimetri. «Non è un clickbait, purtroppo ho un tumore al cuore. E sì, fa paura dirlo così», afferma nel video, che ha raggiunto centinaia di migliaia di visualizzazioni. Nel 2023, in un aggiornamento diffuso via social e ripreso da Webboh, ha annunciato la recidiva della malattia. Una narrazione asciutta, mai retorica, che ha aperto una discussione pubblica su una patologia poco conosciuta.
Dal marketing alla prevenzione
Più strutturato e mediaticamente potente è stato il racconto di Fedez. Nel marzo 2022, il cantante ha rivelato tramite Instagram di aver subito un intervento per la rimozione di un tumore neuroendocrino del pancreas.

«Settimana scorsa ho scoperto di avere un raro tumore neuroendocrino del pancreas. Uno di quelli che, se non li prendi in tempo, non è un simpatico convivente da avere», scriveva sui social in un post ripreso da Sky Tg24.
Il suo racconto ha assunto i contorni di un diario pubblico, tra aggiornamenti clinici, ringraziamenti all’équipe medica del San Raffaele e momenti intimi condivisi. In un’intervista pubblicata su a Il Riformista, Fedez ha dichiarato: «Dopo l’operazione, ogni piccola cosa è tornata a sembrarmi un miracolo. Come se vedessi il mondo a colori».
Il suo chirurgo, Massimo Falconi, ha sottolineato in un’intervista a Il Fatto Quotidiano che «da questo tipo di tumore si può guarire, a patto che la diagnosi arrivi in tempo». Il caso Fedez ha avuto un impatto mediatico significativo, portando l’acronimo NET (tumori neuroendocrini) al centro del dibattito e stimolando una nuova attenzione alla prevenzione precoce anche tra i più giovani.

Valentina Ferragni ha invece scelto di raccontare l’insorgenza di un carcinoma basocellulare sulla fronte, inizialmente confuso con un brufolo.
In un’intervista concessa a Vanity Fair ha spiegato: «Quando ho ricevuto la diagnosi sono rimasta sotto shock. Ma poi ho deciso di condividere tutto, anche la cicatrice, perché quella ferita potesse servire ad altri». Il suo racconto ha avuto un impatto trasversale, soprattutto tra i più giovani, contribuendo a rafforzare l’attenzione verso la prevenzione dermatologica e il controllo dei nei.
Un nuovo racconto pubblico
Emma Marrone, più volte colpita dalla malattia, ha sempre scelto la via della trasparenza.

In un dialogo pubblico con i fan e con i media, la cantante ha più volte raccontato il proprio rapporto con la malattia, dalle prime diagnosi da ragazza alle ricadute più recenti.
In una lunga intervista ha raccontato: «Ho dovuto imparare a fermarmi, a curarmi, a prendermi il mio tempo. Non è debolezza: è coraggio». Il suo messaggio, ripetuto in diverse apparizioni pubbliche, ha posto l’attenzione sulla necessità di ascoltare il proprio corpo, soprattutto per le donne, e di non minimizzare segnali e sintomi apparentemente innocui.

Infine, il caso di Nadia Toffa ha segnato un punto di svolta. Dopo la diagnosi di tumore al cervello, la giornalista e conduttrice ha raccontato ogni fase della malattia con uno stile diretto, ironico e coraggioso.
Fino all’ultimo ha scelto di comunicare la propria condizione con lucidità, anche nei momenti più drammatici. Le sue parole, raccolte in interviste e in interventi a Le Iene, restano una testimonianza ancora oggi al centro della memoria collettiva: «Non sono una guerriera, sono solo una persona che ha scelto di non avere paura».
Vulnerabilità che educa
Oggi, grazie a queste narrazioni, il racconto della malattia sui social si configura come un’azione pubblica con impatto reale. Questi racconti dimostrano che, in un’era digitale dominata dall’immagine, condividere una malattia può diventare un potente atto di responsabilità. Non si tratta di voyeurismo né di spettacolarizzazione del dolore, ma di un linguaggio diverso: più diretto, personale e per questo più potente. Non è più solo intrattenimento o lifestyle: la vera influenza è portare consapevolezza, stimolare il dialogo e promuovere comportamenti proattivi verso la salute.
In un sistema sanitario che fatica a intercettare i pazienti in tempo, la voce degli influencer si rivela uno strumento inaspettato ma efficace per diffondere messaggi di prevenzione. Il ruolo di influencer gioca un asset fondamentale, trasformando il dolore in prevenzione, rendendo ogni testimonianza virale un rischio conquistato, ma anche una speranza condivisa. Le loro storie dimostrano che la malattia, se condivisa in modo autentico, può diventare veicolo di consapevolezza. E forse, anche di cambiamento.
