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La rivoluzione della chirurgia laparoscopica

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«I chirurghi sono come piloti, necessitano di un training costante». Ferdinando Agresta, direttore di chirurgia all’Ospedale Civile di Vittorio Veneto e Past President della S.IC.E., racconta l’applicazione della chirurgia laparoscopica con passione e dedizione. 

Infatti, questo tipo di chirurgia può avere numerose applicazioni, sia in interventi programmati che di urgenza. Inoltre, permette di migliorare e completare una diagnosi.

Dal singolo all’equipe: il cambiamento della chirurgia laparoscopica

Ferdinando Agresta, direttore di chirurgia all’Ospedale di Vittorio Veneto e Past President della S.I.C.E.

Spiega Agresta: «La chirurgia laparoscopica è abbastanza recente, sono trent’anni che è sulla cresta dell’onda».  È nata in sordina e all’inizio non è stata ben accettata dalla comunità scientifica, perché ha sconvolto il modo di operare tradizionale.

«Questa chirurgia ha rivoluzionato l’approccio del chirurgo come “prima donna” – prosegue il chirurgo – passando al concetto di equipe». Un cambiamento che ha permesso a tutto lo staff di vedere in contemporanea l’operato del chirurgo. «Questa chirurgia necessita di una strumentazione differente che sta avendo uno sviluppo incredibile» continua il chirurgo. 

Infatti all’inizio i ferri avevano un diametro di qualche centimetro, mentre ora si parla di dimensioni di 2 o 3 millimetri. Questo cambiamento ha permesso di operare su bambini e su superfici poco estese, aumentando le operazioni possibili. «La chirurgia laparoscopica – precisa Agresta – opera con le stesse regole della chirurgia open, ma con un approccio diverso, quasi tutte le patologie della cavità addominale». Infatti, è possibile intervenire su organi parenchimatosi, fegato, pancreas, milza, reni e soprattutto stomaco e intestino.

Inoltre, anche le dimensioni delle incisioni sono cambiate. «Una volta si diceva grande taglio, grande chirurgo» continua il Past President SICE. Secondo questa concezione la bravura del chirurgo era direttamente proporzionale alla grandezza del taglio. Ora non è più così, infatti, la chirurgia laparoscopica si definisce anche mini-invasiva. «Esiste il concetto di rispettare il corpo umano – precisa Agresta – perché possiede della caratteristiche da tenere in considerazione». 

L’innovazione  e cura

In chirurgia laparoscopica la tecnologia è fondamentale. «Il nostro training si basa sulla realtà aumentata e virtuale – spiega Agresta – perché abbiamo bisogno di esercitarci e testare la nostra esperienza». Inoltre la mini-chirurgia usa le tecniche 3D per ricreare la tridimensionalità del gesto terapeutico.

In altre nazioni queste tecniche fanno già parte dei programmi formativi, mentre in Italia si sta iniziando a capire quanto siano importanti. «Le realtà che non sono quelle che viviamo direttamente – continua Agresta – saranno il futuro del training dei chirurghi». 

La chirurgia laparoscopica, negli anni, ha avuto un notevole sviluppo che ha sottolineato la sua funzione non solo puramente estetica. Le canule utilizzate per le incisioni, infatti, servono per introdurre gli strumenti nel corpo. Più pressione si fa, più si arriva in profondità, con il rischio di slabbrare la ferita. 

La medicina, in generale, segue il progresso e le nuove tecnologie e la chirurgia laparoscopica ne è un interessante esempio.

«Se può, il chirurgo non deve fare eccessiva pressione sulla parete addominale» precisa Agresta. In questo modo la ferita è più difficile da guarire dal punto di vista estetico, anche se in laparoscopia si può ricostruire. Dopo un intervento si possono utilizzare delle guaine contenitive che non devono stringere, ma contenere la parete addominale. «Questi prodotti hanno anche una funzione di memento – conclude Agresta – per ricordare al paziente che è stato operato».

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