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Persone transgender: servono più tutele per la salute

«Circa lo 0,9 per cento della popolazione ha effettuato un intervento chirurgico genitale, ma non tutte le persone trans desiderano l’intervento medico né tantomeno desiderano un intervento chirurgico genitale».

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«Circa lo 0,9 per cento della popolazione ha effettuato un intervento chirurgico genitale, ma non tutte le persone trans desiderano l’intervento medico né tantomeno desiderano un intervento chirurgico genitale».

Alessandra Fisher, presidente della sigis, società italiana genere, identità e salute

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uando si parla di assistenza medica alle persone transgender i dati sono ancora difficili da stimare.  La popolazione transgender è tuttora marginalizzata rispetto alle politiche sanitarie, con ostacoli nell’utilizzo dei servizi sia generali, sia specialistici. La prima associazione internazionale per la salute transgender è stata costituita solo nel 2013, mentre quella italiana è nata a luglio nel 2021.

Alessandra Fisher, presidente della SiGIS, società italiana genere, identità e salute

A fare una panoramica della situazione italiana è la dottoressa Alessandra Fisher, endocrinologo presso l’azienda ospedaliera universitaria Careggi di Firenze, membro del board dell’associazione europea per la salute delle persone transgender Epath e socia fondatrice, nonché attuale presidente, della Società italiana Genere, identità e salute SIGIS. 

«Mi occupo ormai da più di quindici anni di assistenza nel percorso medico delle persone transgender in età adulta ed in età evolutiva – spiega Fisher – SIGIS è stata costituita a luglio del 2021, quindi è una società piuttosto giovane, ma è proprio in virtù di questa freschezza che si impegna con tutte le energie possibili nel cercare di migliorare il supporto assistenziale delle persone transgender».

Gli obiettivi di SIGIS

SIGIS è un’associazione costituita da professionisti e figure multidisciplinari: psicologi, psichiatri, neuropsichiatri infantili, urologi, chirurghi, figure mediche con competenze legali, endocrinologia: «Ovviamente tutte quelle figure professionali che, in sinergia, hanno il compito di offrire, qualora richiesto, supporto alle persone transgender» precisa Fisher.

Tra gli obiettivi di SiGIS c’è quello di diffondere le conoscenze e le competenze tra i professionisti su questa tematica, consci che sul territorio nazionale, ma anche su quello europeo, le competenze da parte dei professionisti sono piuttosto scarse: «È una tematica che non fa parte del corso di studi obbligatorio per i futuri medici e futuri psicologi – sottolinea Fisher –Ne consegue che le persone, gli utenti sul territorio nazionale, si trovano spesso a doversi confrontare con professionisti che non sono formati in materia, con possibili conseguenze lesive sulla loro salute psicologica e fisica».

La mission dell’associazione è migliorare le competenze e creare una rete di lavoro affinché nessun professionista lavori singolarmente, trattandosi proprio di una tematica multidisciplinare.

«Da qui è nata la volontà di organizzare il primo congresso nazionale proprio per raccogliere tutte queste tematiche e mettere insieme i professionisti interessati».

Essere una persona transgender significa presentare un’identità di genere, ovvero come una persona si sente rispetto al proprio genere, che non è in linea con il sesso assegnato alla nascita: «Alcune persone transgender possono sentire il bisogno di modificare il proprio corpo e renderlo più congruente a ciò che sentono di essere e a questo scopo può essere necessario l’intervento medico e oppure, in alternativa, un intervento chirurgico – racconta l’endocrinologo – Quindi il percorso medico di una persona transgender non è un percorso univoco per tutti, innanzitutto perché alcune persone non ne hanno proprio bisogno e altre persone ne sentono la necessità».

Un percorso diverso per ognuno

Il percorso di affermazione di genere non è obbligatorio e l’iter non è lo stesso per tutte le persone. Ed è per questo che nasce la necessità di realtà multidisciplinari come SIGIS in grado di adattare il percorso a seconda delle reali esigenze individuali. Prima di iniziare il percorso di affermazione di genere, la persona deve essere informata su tutte le procedure e le terapie disponibili, nonché sui possibili rischi che queste comportano e sull’irreversibilità di alcune di esse, così da poter esprimere un consenso informato scritto sul percorso da affrontare, concordato con gli specialisti che prescrivono il trattamento.

«Le opzioni mediche o chirurgiche che possono essere offerte sono diversificate in base a quelle che sono le richieste della persona stessa – entra nel merito la Presidente SIGIS – è qui che si ricostruisce il ruolo multidisciplinare della presa in carico. Una persona transgender, per esempio, può sentire il bisogno di effettuare un intervento di creazione del torace maschile senza necessariamente effettuare una terapia ormonale con testosterone oppure consentire entrambi i percorsi, sia quello ormonale che chirurgico».

La necessità del lavoro in equipe

È fondamentale che i professionisti comunichino tra di loro, parlino e supportino la persona a trecentosessanta gradi, senza basarsi su un percorso standardizzato, «proprio perché siamo tutti, per fortuna diversi», continua Fisher. 

Tra gli obiettivi principale di SIGIS c’è la volontà di rendere più capillare a livello nazionale l’assistenza sanitaria per le persone transgender. «Ciò che sappiamo, dai dati di letteratura, è che le persone transgender, non riescono ad accedere agli screening di popolazione di cui avrebbero diritto esattamente quanto le persone cisgender. E questo rappresenta un una tutela mancata al diritto la salute».

Basti pensare, per esempio al controllo mammografico o tutti gli altri screening garantiti alle persone cisgender: «Purtroppo, ad oggi, non avviene anche per le persone transgender e quindi costituisce una discriminazione in termini di salute – fa notare Fisher – È necessario anche grazie alla formazione dei professionisti».

La situazione delle persone transgender in Italia

Le persone transgender in Italia, così come nella maggior parte del mondo, sono tuttora marginalizzate rispetto alle politiche sanitarie con difficoltà di accesso non solo all’assistenza sanitaria di base e specialistica, ma anche a molti altri aspetti fondamentali nella vita quotidiana. 

A questo si aggiunge la necessità di una formazione specifica degli operatori sanitari, che ad oggi è lasciata per lo più all’iniziativa e alla sensibilità personale perché in Italia sono ancora poche le università che hanno incluso nella formazione corsi dedicati alla salute transgender (Fonte ISS).

«Laddove il medico di medicina generale, pediatra di libera scelta, non ha le competenze e gli strumenti per gestire una situazione per la quale il corso degli studi obbligatori non ha fornito alcuna formazione, sicuramente non riuscirà a esercitare il suo compito di medico – chiarisce la Presidente –  Per questo SIGIS collabora attivamente con le società scientifiche italiane dedicate che rappresentano i professionisti che afferiscono a SIGIS, nella sua multidisciplinarietà».

La sinergia tra società scientifiche ed associazioni

Ma la collaborazione deve essere trasversale, tra società scientifiche e associazioni di utenti per rendere più capillare la diffusione e la comunicazione su queste tematiche.

«Il modello a cui ci siamo ispirati è quello dell’Epath, l’associazione europea per la salute transgender costituita nel 2014, di cui faccio parte del board – ripercorre Fisher – I paesi del nord Europa, in particolar modo l’Olanda e il Belgio, sono stati pionieri in questo campo. Prima ancora della costituzione dell’associazione europea, queste tematiche erano già trattate in modo scientifico.

La realtà italiana rispetto a quella degli altri paesi d’Europa è ancora agli inizi.

«Abbiamo già fatto molto, ma c’è ancora tanto, tanto, tanto lavoro da fare per garantire un’assistenza e maggiori diritti alla salute nel nostro Paese – considera Fisher – Ad oggi ad esempio non esistono studi pubblicati sulla numerosità delle persone transgender nel territorio italiano. Ci permetterebbero di avere una panoramica chiara, ma ci stiamo lavorando».

I numeri della popolazione transgender

Esiste uno studio ormai piuttosto datato, che riguarda la numerosità delle persone che hanno effettuato un intervento chirurgico genitale: «Si tratta di circa lo zero nove percento della popolazione, ma come ho detto prima, non tutte le persone trans desiderano l’intervento medico e tantomeno desiderano un intervento chirurgico genitale».

Quindi è chiaro come questi numeri siano indicativi. «Questo zero nove per cento rappresenta solo una piccola fetta della popolazione o comunque non rende conto di quella che è la vera rappresentatività dell’occupazione transgender».

Per rispondere a questa necessità di dati, SIGIS coordinato dal centro ospedaliero-universitario Careggi, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, sta portando avanti uno studio finalizzato a quantificare la numerosità delle persone transgender sul territorio nazionale.

«Sapere quante sono le persone trans è fondamentale per capire quali sono i bisogni sanitari. – conclude Fisher – Siamo vicini alla compilazione della ricerca, e spero subito dopo l’estate di poter rendere noti i risultati riuscendo finalmente a stimare sia la numerosità delle persone trans in Italia sia come si caratterizzano nel contesto sociale e culturale»

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