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Oltre i confini: come l’Italia e l’Australia affrontano il cancro della pelle

Il cancro della pelle può colpire persone in tutto il mondo; tuttavia, ogni paese applica le proprie pratiche e metodologie per limitarne la diffusione. Il dott. Andrea Boutros, oncologo medico che lavora nell’unità di melanoma dell’Ospedale Policlinico di Genova, ha avuto l’opportunità di osservare da vicino il ruolo pionieristico che l’Australia svolge nel trattamento del melanoma durante una fellowship a Sydney. Durante la sua permanenza, il dott. Boutros ha appreso non solo le diverse procedure in fase di ricerca nel paese, ma anche quanto l’esposizione al sole incida nello sviluppo del melanoma e come alcune pratiche sociali adottate in Australia possano risultare utili anche in Italia.
“Slip, Slop, Slap, Sleek and Slide”
Osservando le differenti incidenze della malattia nei due paesi, emergono due principali fattori alla base del maggior numero di casi in Australia. «L’Australia, da un punto di vista geografico, ha più luce solare e danni da raggi UV più intensi – spiega il dott. Boutros – il secondo motivo è legato alla differenza nei fenotipi. In Italia tendiamo ad avere una pelle più scura e quindi più protetta, rispetto alla pelle molto chiara. Molti australiani sono di origine nordeuropea, quindi hanno una pelle più chiara, che è un fattore determinante quando si parla di melanoma».
Tuttavia, proprio a causa di questo rischio aumentato, l’Australia ha lanciato una campagna sanitaria volta a educare la popolazione su come proteggersi dall’esposizione prolungata al sole. Lo slogan era “Slip, Slop, Slap, Sleek and Slide”, che istruisce le persone a seguire cinque principi fondamentali: coprirsi (Slip), applicare la crema solare (Slop), indossare un cappello (Slap), cercare l’ombra (Sleek) e portare occhiali da sole (Slide). Il dott. Boutros spiega che «queste semplici regole aiutano i bambini, durante l’adolescenza e l’età adulta. Così facendo, insegneranno a loro volta ai propri figli la sicurezza al sole. In Italia, questo sarebbe estremamente utile, soprattutto considerando che abbiamo una popolazione molto anziana. Se non vogliamo sviluppare tumori cutanei e melanomi causati dall’esposizione cronica al sole o da scottature durante l’infanzia e l’adolescenza, dobbiamo migliorare e implementare alcune regole di sicurezza nelle scuole e negli asili».
Il futuro del trattamento del melanoma
Fortunatamente, il dott. Boutros ritiene che non vi siano differenze significative nei trattamenti tra i due paesi, ma sottolinea come l’Australia sia all’avanguardia in nuove terapie rivoluzionarie. Attraverso un impressionante trial clinico condotto in Australia, i ricercatori hanno scoperto che l’immunoterapia può essere estremamente efficace se somministrata settimane prima dell’intervento chirurgico. «In questo modo permettiamo al sistema immunitario di riconoscere ed eliminare le cellule del melanoma prima dell’asportazione chirurgica – spiega il dott. Boutros – Questo aspetto è molto importante perché, innanzitutto, il nostro sistema immunitario ha bisogno di vedere, riconoscere e interagire con le cellule tumorali, e ciò è possibile solo prima dell’intervento. In secondo luogo, somministrando l’immunoterapia prima della chirurgia, sia pazienti che medici possono sapere se funziona o meno, dato che sappiamo che funziona in circa metà dei pazienti».
Il ruolo della prevenzione primaria

Tuttavia, la prevenzione primaria continua a svolgere un ruolo fondamentale nella riduzione dei casi. Il dott. Boutros ritiene che in Italia sia necessario un cambiamento culturale per abbassare veramente i tassi di melanoma. In Australia, ad esempio, le lampade abbronzanti sono completamente vietate.
«Abbiamo davvero bisogno di adottare misure legali importanti contro queste lampade. La tendenza a glorificare l’abbronzatura, considerandola un segno di salute o bellezza, è molto radicata culturalmente – conclude il dott. Boutros – È lo stesso discorso delle sigarette e del fumo, ad esempio. È una questione culturale che dobbiamo cambiare attraverso l’insegnamento e l’educazione, non alle medie o all’università, ma fin dalla primissima infanzia per ottenere un cambiamento significativo».
